venerdì 10 maggio 2013

Vive più a lungo una Tartaruga o un Moscerino?


Questo mio articolo è apparso sulla rivista d'Arte e Cultura ARTAPP nell'ultimo numero sul tema della Luce, con riferimento al numero precedente che aveva come tema appunto il Tempo
Arte è musica, design, architettura, fotografia, scrittura..ed anche Natura. 
E forse proprio nella Natura, l'Arte trova il proprio riferimento e la propria ispirazione.
Buona Lettura!

La percezione del tempo negli animali non umani

Esistono luoghi dove il tempo che scorre non ci appartiene. Sono i luoghi in cui non esistiamo. Possono essere luoghi lontani come i giardini umidi e fioriti della campagna inglese, le foreste tropicali dell’America centrale, i piccoli market ordinati nel cuore di Tokio; oppure possono essere luoghi del pensiero, stanze dei ricordi, lo spazio oltre la porta di casa. In ognuno di questi luoghi esiste un altro tempo, il tempo che non viviamo, il tempo che non ci appartiene.

E voi, vi siete mai interrogati riguardo al tempo degli altri?
Vi siete mai chiesti come gli altri lo percepiscono?
Noi, animali umani, abbiamo una percezione del tempo se non simile, perlomeno condivisibile. Il giorno è giorno, la notte è notte; c’è un tempo per mangiare, uno per dormire, a volte e spesso un tempo organizzato, scandito da attività. Il tempo definito dalla cultura, dalle abitudini, dalla socialità.
Ma se spostiamo il nostro punto di vista, se proviamo ad immedesimarci in altre forme di vita come gli animali non umani, gli alberi , i coralli, i funghi, i licheni, qual è la loro percezione del tempo? Esiste in loro un’idea di scorrere, mutare, evolvere?
Così ha inizio la mia ricerca sulla percezione del tempo negli animali.

Il tempo di Piero avviene in una stanza, è circoscritto al trespolo su cui sta appollaiato. Quello è il suo spazio. E quello spazio racchiude anche il suo tempo. Lo scorrere è immobile. Piero è un pappagallo dell’Amazzonia, vive su quello stesso trespolo da oltre vent’anni. Mangia quando gli altri mangiano, dorme quando la luce è spenta. Quello che accade fuori dalla stanza non esiste. Il suo presente è condiviso da chi abita la stanza, da chi la attraversa ed esce, dalla radio che trasmette opere liriche, dai mobili di legno. Piero osserva tutto, vede tutto, condivide la sua fame, il suo piacere, le sue maschili antipatie. Piero è vivo e presente nel tempo che lui stesso vive. E chissà, nella stanza dei suoi pensieri, quali immagini del tempo si formano.
Le ghiandaie sono piccoli uccelli della famiglia dei Corvidi. Hanno corpo grigio-marrone con striature azzurre. Trascorrono il presente accumulando ghiande, che posizionano in luoghi speciali, segreti a chiunque. Possono ricordare fino a centinaia di nascondigli. Il futuro delle ghiandaie è l’inverno freddo, la ricerca di quei tesori, la fame placata. Nel loro presente esiste un’idea di futuro, un accumulare ghiande come risorsa vitale; e in quel futuro esiste un’idea di passato, un ricordo, mappa mentale dei numerosi tesori. Questi uccelli incredibili non si limitano a questo, ma possono proiettare il loro presente nel futuro, conoscendo le esigenze che probabilmente avranno: sazie di un certo tipo di cibo, prevedono il loro desideri e organizzano le scorte scegliendo cibi diversi e nascondendoli in base alla deperibilità degli stessi.
Ci sono animali che vivono due tempi, quello prima e quello dopo la metamorfosi. Il bruco convive con la sua situazione terrestre, scorre sul terreno, si nutre delle foglie, della linfa verde che le costituisce. Poi il tempo si ferma, il suo bozzolo lo racchiude. E quindi ricomincia, nell’aria: la farfalla si nutre del nettare dei fiori, impollina, da vita a nuova vita. Il bruco e la farfalla sono un unico individuo che, nei due tempi che vive, si trasforma.
Ci sono poi animali che vivono tre tempi: il salmone nasce nei fiumi, in un tempo di acqua dolce; quindi migra nel mare, dove vive per molti anni, conoscendo un tempo di acqua salata. Al momento della riproduzione ritorna nello stesso fiume dove è nato e qui muore dopo aver deposto e fertilizzato le uova. Il terzo tempo.
Ci sono animali che vivono nell’arco della vita un tempo femminile e uno maschile: nascono maschi e poi si trasformano in femmine, oppure al contrario, prima femmine e poi maschi, invertendo il sesso. Sono alcuni pesci e invertebrati.
Gli alberi hanno il proprio tempo disegnato nel tronco, nei cerchi concentrici che circondano i loro fasci vitali, xilema e floema. Uno porta acqua, l’altro nutrienti. Crediamo che gli alberi vivano un tempo immobile, limitato alla lunghezza delle loro fronde. Essi però nascondono connessioni intricate, grovigli di interazioni nel sottosuolo. Si parlano e creano sinergie straordinarie, simbiosi mutualistiche tra specie differenti, concorrono attraverso la secrezione di sostanze tossiche ad una lotta per occupare il territorio. Ci sono alberi che hanno un tempo di secoli, crescono lenti e forti, vedono il bosco proliferare, morire, germogliare di nuovo. Sono le querce, gli olivi, le piante secolari. E poi ci sono alberi leggeri, le betulle, che crescono veloci, in pochi anni, fusti sottili, esposti al vento. Essi si parlano, le loro radici si toccano, comunicano a chilometri di distanza. Il tempo che vivono è diffuso, espanso, viaggia alla velocità della clorofilla.
E poi c’è il tempo degli animali notturni, i cacciatori delle tenebre, mammiferi che si sono specializzati nella ricezione di stimoli particolari. Il loro risveglio è il tramonto: sono i pipistrelli, che lanciano il loro suono volante attraverso lo spazio, nel tempo infinitesimale, che si scontra e come boomerang riporta la conoscenza del mondo circostante. E insieme a loro vive tutto il gruppo dei mammiferi notturni, attivi di notte, nascosti di giorno, sconosciuti a noi che ci rintaniamo alle prime luci crepuscolari.
Ci sono i  predatori, che hanno il tempo immobile dell’attesa che la preda commetta un passo falso e il tempo fulmineo della corsa, fatto di riflessi, bloccato nello slancio stesso dell’attimo per la sopravvivenza.  
C’è il tempo del letargo, il tempo dell’inverno, quando gli animali abbassano le funzioni vitali e si ritirano; quando gli alberi le interrompono completamente e si addormentano. E’ un tempo freddo, un tempo fermo.
E chi si è mai chiesto del tempo che vivono gli animali nelle gabbie, negli allevamenti intensivi, dei cavalli chiusi nei box, dei cani e dei topi da laboratorio? Il loro è il tempo vuoto della solitudine, della mancanza, del bisogno inesaudito. E’ il tempo del ricordo, che si trasforma in stereotipia per sopperire alla necessità di colmare quell’assenza.
La maggior parte dei mammiferi sociali costruisce legami duraturi con i membri del proprio gruppo, ha memoria dei singoli individui all’interno del branco, si riconosce a distanza di anni; esiste in questi animali, dagli elefanti ai delfini, dagli scimpanzé ai coyote e in molti altri, la consapevolezza del tempo che scorre, di un passato che è stato, di un futuro che verrà, di sentimenti temporali, come la nostalgia e la speranza.
Gli animali hanno tempi scanditi dalle necessità, dai bisogni primordiali, dalle sensazioni che percepiscono, dalle emozioni di cui sono fatti ogni ora, ogni istante, tutto quello di cui noi ci dimentichiamo, perché non abbiamo tempo, perché scappiamo dalla nostra consapevolezza, perché ce ne dimentichiamo e lasciamo che il tempo dell’ascolto si perda e si dimentichi.
E infine mi chiedo: secondo la loro prospettiva, vive più a lungo una tartaruga o un moscerino?



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