Arte è musica, design, architettura, fotografia, scrittura..ed anche Natura.
E forse proprio nella Natura, l'Arte trova il proprio riferimento e la propria ispirazione.
Buona Lettura!
La percezione del tempo negli animali non umani
Esistono luoghi dove il tempo che scorre non
ci appartiene. Sono i luoghi in cui non esistiamo. Possono essere luoghi
lontani come i giardini umidi e fioriti della campagna inglese, le foreste tropicali
dell’America centrale, i piccoli market ordinati nel cuore di Tokio; oppure
possono essere luoghi del pensiero, stanze dei ricordi, lo spazio oltre la
porta di casa. In ognuno di questi luoghi esiste un altro tempo, il tempo che
non viviamo, il tempo che non ci appartiene.
E voi, vi siete mai interrogati riguardo al
tempo degli altri?
Vi siete mai chiesti come gli altri lo
percepiscono?
Noi, animali umani, abbiamo una percezione
del tempo se non simile, perlomeno condivisibile. Il giorno è giorno, la notte è
notte; c’è un tempo per mangiare, uno per dormire, a volte e spesso un tempo
organizzato, scandito da attività. Il tempo definito dalla cultura, dalle
abitudini, dalla socialità.
Ma se spostiamo il nostro punto di vista, se
proviamo ad immedesimarci in altre forme di vita come gli animali non umani,
gli alberi , i coralli, i funghi, i licheni, qual è la loro percezione del
tempo? Esiste in loro un’idea di scorrere, mutare, evolvere?
Così ha inizio la mia ricerca sulla
percezione del tempo negli animali.
Il tempo di Piero avviene in una stanza, è
circoscritto al trespolo su cui sta appollaiato. Quello è il suo spazio. E
quello spazio racchiude anche il suo tempo. Lo scorrere è immobile. Piero è un
pappagallo dell’Amazzonia, vive su quello stesso trespolo da oltre vent’anni. Mangia
quando gli altri mangiano, dorme quando la luce è spenta. Quello che accade
fuori dalla stanza non esiste. Il suo presente è condiviso da chi abita la
stanza, da chi la attraversa ed esce, dalla radio che trasmette opere liriche,
dai mobili di legno. Piero osserva tutto, vede tutto, condivide la sua fame, il
suo piacere, le sue maschili antipatie. Piero è vivo e presente nel tempo che
lui stesso vive. E chissà, nella stanza dei suoi pensieri, quali immagini del
tempo si formano.
Le ghiandaie sono piccoli uccelli della
famiglia dei Corvidi. Hanno corpo grigio-marrone con striature azzurre.
Trascorrono il presente accumulando ghiande, che posizionano in luoghi
speciali, segreti a chiunque. Possono ricordare fino a centinaia di nascondigli.
Il futuro delle ghiandaie è l’inverno freddo, la ricerca di quei tesori, la
fame placata. Nel loro presente esiste un’idea di futuro, un accumulare ghiande
come risorsa vitale; e in quel futuro esiste un’idea di passato, un ricordo,
mappa mentale dei numerosi tesori.
Questi uccelli incredibili non si limitano a questo, ma possono proiettare il
loro presente nel futuro, conoscendo le esigenze che probabilmente avranno:
sazie di un certo tipo di cibo, prevedono il loro desideri e organizzano le
scorte scegliendo cibi diversi e nascondendoli in base alla deperibilità degli
stessi.
Ci
sono animali che vivono due tempi, quello prima e quello dopo la metamorfosi.
Il bruco convive con la sua situazione terrestre, scorre sul terreno, si nutre
delle foglie, della linfa verde che le costituisce. Poi il tempo si ferma, il
suo bozzolo lo racchiude. E quindi ricomincia, nell’aria: la farfalla si nutre
del nettare dei fiori, impollina, da vita a nuova vita. Il bruco e la farfalla
sono un unico individuo che, nei due tempi che vive, si trasforma.
Ci sono poi animali
che vivono tre tempi: il salmone nasce nei fiumi, in un tempo di acqua dolce; quindi migra
nel mare, dove vive per molti anni, conoscendo un tempo di acqua salata. Al
momento della riproduzione ritorna nello stesso fiume dove è nato e qui muore
dopo aver deposto e fertilizzato le uova. Il terzo tempo.
Ci sono animali che
vivono nell’arco della vita un tempo femminile e uno maschile: nascono maschi e
poi si trasformano in femmine, oppure al contrario, prima femmine e poi maschi,
invertendo il sesso. Sono alcuni pesci e invertebrati.
Gli alberi hanno il proprio tempo disegnato
nel tronco, nei cerchi concentrici che circondano i loro fasci vitali, xilema e
floema. Uno porta acqua, l’altro nutrienti. Crediamo che gli alberi vivano un
tempo immobile, limitato alla lunghezza delle loro fronde. Essi però nascondono
connessioni intricate, grovigli di interazioni nel sottosuolo. Si parlano e
creano sinergie straordinarie, simbiosi mutualistiche tra specie differenti,
concorrono attraverso la secrezione di sostanze tossiche ad una lotta per
occupare il territorio. Ci sono alberi che hanno un tempo di secoli, crescono
lenti e forti, vedono il bosco proliferare, morire, germogliare di nuovo. Sono
le querce, gli olivi, le piante secolari. E poi ci sono alberi leggeri, le
betulle, che crescono veloci, in pochi anni, fusti sottili, esposti al vento.
Essi si parlano, le loro radici si toccano, comunicano a chilometri di
distanza. Il tempo che vivono è diffuso, espanso, viaggia alla velocità della
clorofilla.
E poi c’è il tempo degli animali notturni, i
cacciatori delle tenebre, mammiferi che si sono specializzati nella ricezione
di stimoli particolari. Il loro risveglio è il tramonto: sono i pipistrelli,
che lanciano il loro suono volante attraverso lo spazio, nel tempo
infinitesimale, che si scontra e come boomerang riporta la conoscenza del mondo
circostante. E insieme a loro vive tutto il gruppo dei mammiferi notturni, attivi
di notte, nascosti di giorno, sconosciuti a noi che ci rintaniamo alle prime
luci crepuscolari.
Ci sono i
predatori, che hanno il tempo immobile dell’attesa che la preda commetta
un passo falso e il tempo fulmineo della corsa, fatto di riflessi, bloccato
nello slancio stesso dell’attimo per la sopravvivenza.
C’è il tempo del letargo, il tempo
dell’inverno, quando gli animali abbassano le funzioni vitali e si ritirano; quando
gli alberi le interrompono completamente e si addormentano. E’ un tempo freddo,
un tempo fermo.
E chi si è mai chiesto del tempo che vivono
gli animali nelle gabbie, negli allevamenti intensivi, dei cavalli chiusi nei
box, dei cani e dei topi da laboratorio? Il loro è il tempo vuoto della
solitudine, della mancanza, del bisogno inesaudito. E’ il tempo del ricordo,
che si trasforma in stereotipia per sopperire alla necessità di colmare
quell’assenza.
La maggior parte dei mammiferi sociali
costruisce legami duraturi con i membri del proprio gruppo, ha memoria dei
singoli individui all’interno del branco, si riconosce a distanza di anni;
esiste in questi animali, dagli elefanti ai delfini, dagli scimpanzé ai coyote
e in molti altri, la consapevolezza del tempo che scorre, di un passato che è
stato, di un futuro che verrà, di sentimenti temporali, come la nostalgia e la
speranza.
Gli animali hanno tempi scanditi dalle
necessità, dai bisogni primordiali, dalle sensazioni che percepiscono, dalle
emozioni di cui sono fatti ogni ora, ogni istante, tutto quello di cui noi ci dimentichiamo,
perché non abbiamo tempo, perché scappiamo dalla nostra consapevolezza, perché
ce ne dimentichiamo e lasciamo che il tempo dell’ascolto si perda e si
dimentichi.
E infine mi chiedo: secondo la loro
prospettiva, vive più a lungo una tartaruga o un moscerino?
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