sabato 27 settembre 2014

EMPATIA = Partecipazione+Identificazione+Magia


"Se una storia è un seme, noi siamo il suo terreno. Ascoltando la storia, riusciamo a esperirla come se noi stesse fossimo l'eroina che alla fine vince o cade. Se ascoltiamo la storia di un lupo, dopo per qualche tempo andiamo vagando come un lupo, e come un lupo sappiamo. Se ascoltiamo la storia di una colomba che finalmente ritrova il suo piccolo, dopo per qualche tempo qualcosa si muove  dietro il nostro petto ricoperto di piume. Se la storia racconta come venne sottratta la perla sacra che il nono drago teneva fra gli artigli, poi ci sentiamo spossate, e soddisfatte. In maniera assai reale, resta in noi un imprinting per il fatto stesso di aver ascoltato una storia.


Fra gli junghiani si chiama 'partecipazione mistica', un termine ripreso dall'antropologo Levy-Bruhl, usato per designare una relazione in cui 'una persona non può vedersi come individualità separata dall'oggetto o dalla cosa che contempla'. Tra i freudiani si chiama 'identificazione proiettiva'. Fra gli antropologi talvolta si chiama 'magia simpatetica'.
Con tutte queste definizioni s'intende la capacità della mente di allontanarsi per un poco dal suo IO e di fondersi con un'altra realtà, cioè con un altro modo di comprendere, con un altro modo di intendere."

In zooantropologia questa capacità viene chiamata empatia. Sentire l'altro. Sentire insieme all'altro. Provare ciò che l'altro prova e riviverlo sulla propria pelle. Dilagano dimostrazioni dell'esistenza della capacità di provare empatia tra gli animali non umani. Nessuno ha mai insegnato a un cane a provare empatia, nè a un cavallo, nè a un elefante. Nessun animale è mai stato addestrato per questo.
Neanche all'uomo è mai stato insegnato. Ma può capitare che sovrastrutture accumulate negli anni  facciano da schermo a questa capacità di partecipazione alla vita dell'altro, ad un sentire comune.
E' possibile ritrovare questo sentire iniziando ad ascoltare di più, ad osservare maggiormente ciò che ci sta attorno, senza smettere di chiedersi e ricercare. Senza fermarsi all'apparenza, ma esercitandoci ad apprendere i vari strati che nascondono le cose, a percepire gli stati dell'essere.



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